Ed elli a me: «Questo misero modo tegnon l'anime triste di coloro che visser sanza 'nfamia e sanza lodo. (…) Questi non hanno speranza di morte e la lor cieca vita è tanto bassa, che 'nvidiosi son d'ogne altra sorte. Fama di loro il mondo esser non lassa; misericordia e giustizia li sdegna: non ragioniam di lor, ma guarda e passa».
Nel canto III dell’inferno Dante mette queste parole in bocca a Virgilio, riferendosi agli ignavi, cioè i vili, “coloro che visser sanza ‘nfamia e sanza lodo”.
Questi versi sono sufficienti a ricordare il disprezzo di Dante verso gli ignavi, quelli che oggi definiremmo gli "neutrali" , “anonimi", coloro che per viltà nella loro vita non si schierarono mai apertamente, e che nessuna traccia hanno lasciato nel mondo. Ed era tale il disprezzo verso costoro che Dante li colloca nell’Antinferno, a sottolineare che perfino i dannati dell’inferno possono sentirsi superiori, perché i dannati una strada, una posizione – quella della perdizione – almeno l’hanno presa.
Piena solidarietà alla Direzione Strategica!
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