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mercoledì 15 dicembre 2010

Buonismo e Filantropia

Esce una lettera aperta sulle pagine della CIGL con un "allarme generale": "Possiamo finire per essere noi il male più pericoloso dell'Azienda".
Sembra un virus  tipico di questi tempi, dal quale ben pochi possono dirsi esenti, una vera e propria infezione che si è manifestata in questa forma più o meno acuta e dal quale tantissimi possono essere i portatori sani, pochissimi i veri malati.
Il buonismo è un vizio (per chi ce l'ha) la cui ammissione è un tabù, pena l’emarginazione e la derisione, e quello vero è sempre una buffa e patetica macchietta, incline alla retorica dell’accondiscendenza, dal sorriso facile, dai buoni sentimenti e dal compromesso inteso soltanto nella sua accezione nobile.
Il cinismo (che del buonismo è il rovescio della medaglia) invece ha sempre suscitato una sottile ammirazione, quasi un timore reverenziale!
Questo buonismo è tarato da una pugnace ossessione per gli altri, per tutto ciò che è altro in senso sia personale che ideale, sia concreto che astratto. Non sembra più dare sicurezza e nasconde dietro ai sorrisi, i suoi probabili sensi di colpa, irritato dall’idea di non essere apprezzato.
Esso è continuamente alla ricerca di mediazioni e, poichè crede nell’esistenza di una Verità ultima (la sua), non vuole adeguarsi alle tante verità contingenti che individua intorno a sé.
Manifesta spesso sentimenti o ideali umanitari, tuttavia lo fa soprattutto per dare una buona immagine di sé. Non ha una vera consapevolezza degli effetti delle proprie azioni: il vecchio aforisma “Di buone intenzioni è lastricata la via dell’inferno” (Samuel Johnson) gli è del tutto estraneo.
Non possiede la qualità indiscussa del buonismo e cioè quella di non adirarsi  mai, neppure qualora gli capiti di essere sbugiardato. Invece, è facile vederlo in preda all’isteria, oppure rimanere silente... Cavalca a pieno lo "spirito dei tempi" e tende ad attenersi in modo maniacale e quasi dogmatico, e in nome del quale sa ergersi a "severo censore e fustigatore di costumi".
È forte coi deboli e debole coi forti: è un vero e proprio "lupo" travestito da agnello, un freddo calcolatore che, studiando nel dettaglio i tic e gli stereotipi dei “candidi di successo”, tenta di riprodurne i modelli comportamentali su grande scala. Questo buonismo non ha nulla a che vedere con la bontà, né con l’onestà intellettuale o la rettitudine: ne è soltanto una grottesca caricatura.
 L’uomo buono si inchina umilmente dinnanzi alla Realtà e la osserva senza le lenti deformanti dall’ideologia. (Liberamente tratto da un articolo di Luca Marcolivio)

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